29-05-2017 Paola Pierotti 4 minuti

La cultura (con o senza interventi sul patrimonio) può rigenerare le periferie?

Appuntamento l’8 giugno a Roma con il convegno Futuro Periferie. La cultura rigenera

"La strategia deve essere pubblica e deve mobilitare le risorse di cui il nostro Paese è ancora ricco: in primo luogo, la sua cultura, nel suo senso più ampio e complessivo"

Ezio Micelli

Un viaggio nel presente e nel futuro delle periferie urbane, dove la cultura è contrapposta al degrado, rigenerando il capitale sociale attraverso approcci innovativi, per stabilire un nuovo legame tra cittadini. Questo è il tema dell’iniziativa “Futuro Periferie. La cultura rigenera” organizzato per l’8 giugno a Roma dalla Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane (Dgaap), struttura centrale del Ministero dei beni, delle attività culturali e del turismo che si dedica alla contemporaneità. “Ci interroghiamo su come mobilitare la cultura per rigenerare le città e in particolare le periferie, le aree più deboli del Paese”, è la sintesi di Ezio Micelli, docente Iuav, uno dei curatori del progetto, coinvolto insieme a Andrea Mariotto, esperto in politiche pubbliche del territorio, Paolo Cottino, urbanista e policy designer ed Esmeralda Valente della Dgaap, per definire i contenuti dell’iniziativa. “Basta consumo di suolo, dobbiamo reinventare la città esistente con criteri innovativi – ha spiegato Federica Galloni, direttore generale della Dgaap e promotrice del progetto – concentriamoci su aree caratterizzate da marginalità, non partiamo dalla riqualificazione del patrimonio immobiliare, ma dalla promozione del nostro valore culturale immateriale che va promosso e sostenuto”.

La direzione del Mibact operativa da febbraio 2015, dedicata a valorizzare l’arte e l’architettura contemporanee e a promuovere la creatività per costruire un’identità collettiva e per riqualificare le periferie urbane, chiama a raccolta il mondo delle professioni, le Pa e quanti operano sul tema delle periferie per dare il proprio contributo alla “costruzione del cambiamento”, delineando una geografia delle periferie italiane che va da Mare Culturale Urbano alla Farm Cultural Park di Favara e all’ex Fadda a San Vito dei Normanni a Brindisi, raccontando esperienze di successo come CasciNet di Milano o gli Artisti per il Matta di Pescara. Ad ascoltare le esperienze bottom up sono invitati anche il premier Paolo Gentiloni e i ministri Roberta Pinotti e Dario Franceschini.

“Il mio compito è quello di creare una policy culturale che abbia come obiettivo quello di sostenere e valorizzare la creatività nella sua accezione più ampia del termine – ha ribadito Federica Galloni, direttore generale della direzione Dgaap, in un’intervista realizzata per lanciare l’evento – in linea anche con le politiche europee che individuano nella cultura una leva strategica per promuovere un’Europa più sostenibile”. Con questo approccio si è scelta come location per “Futuro Periferie, la cultura rigenera” un’area periferica di Roma, Tor Sapienza, in un complesso militare di prossima dismissione dalla Difesa al Mibact, che che diventerà un centro di innovazione contemporanea.

Sul tema dello sviluppo urbano, Bilbao ha fatto scuola per anni in Europa e non solo: “ha investito con successo sulla cultura e sulla trasformazione fisica della città – spiega Ezio Micelli – altre città che hanno preso la città spagnola come modello ,si sono limitate alla valorizzazione del patrimonio immobiliare, magari affidandosi ad una firma di un archistar, senza raggiungere però gli stessi obiettivi”. Tra gli altri casi sotto i riflettori c’è Napoli che con il Piano Città è pronta a demolire le Vele, puntando su un intervento fisico per cambiare il volto sociale dell’area, ma quest’azione riuscirà davvero ad incidere sulla rigenerazione urbana?

Il focus del Mibact dedicato alle periferie si concentra sui luoghi di espansione delle grandi città negli anni ’60 e ’70, ma non tralascia il tema delle aree interne “alle prese con fenomeni demografici ed economici preoccupanti” commenta Micelli. Ma con quale strategia e con quali risorse il nostro Paese affronta la rigenerazione di questi luoghi? “Le forze del mercato non sembrano nelle condizioni di portare un contributo decisivo: le attività del comparto delle costruzioni – spiega l’urbanista veneziano – segnano da anni il passo e l’attenzione non è certo rivolta ai luoghi marginali, quanto alle ultime aree capaci di mettere insieme sviluppo economico e crescita demografica. La strategia deve essere dunque pubblica e deve mobilitare le risorse di cui il nostro Paese è ancora ricco: in primo luogo, la sua cultura, nel suo senso più ampio e complessivo”. Un’inversione sostanziale rispetto a schemi logici e operativi consolidati che hanno sempre assunto la cultura come subordinata dello spazio.

Il Mibact organizza questo think tank con la volontà di intervenire operativamente nell’agenda urbana. Ma come? Nella maggior parte dei casi virtuosi si vede il patrimonio pubblico protagonista, ma con altro ruolo e natura. “Gli immobili pubblici – racconta Micelli – smettono di essere improbabile giacimento di valore economico e finanziario da sfruttare secondo modelli omologhi a quelli del settore privato. Si trasformano invece in infrastrutture a sostegno di una società e di una economia in evoluzione”. Caserme abbandonate trasformate in fab lab, vecchie sedi amministrative rigenerate in atelier d’artisti e spazi creativi, terre abbandonate rimesse a valore con produzioni agricole innovative: le forme della rigenerazione sul campo assumono il patrimonio pubblico come opportunità irrinunciabile per produzioni, servizi e attività costantemente innervate dal capitale culturale di una comunità.

Da Base Milano nell’area ex Ansaldo, alla manifattura digitale e artistica dello spazio Grisù a Ferrara, i casi da monitorare sono sempre più numerosi perché in questi anni sono tanti i format innovativi di valorizzazione immobiliare nati grazie al coinvolgimento attivo di industrie creative. A partire da queste storie il convegno accenderà un faro sul mix di funzioni per rinnovare le periferie, sul ruolo della produzione culturale come leva per rianimare le città, sull’impegno delle comunità e sul rapporto con gli enti locali. 

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Paola Pierotti
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