28-04-2017 Paola Pierotti 6 minuti

Prove di dialogo tra architetti e accademia. Focus su esami di stato, tirocinio, Casa Italia e internazionalizzazione

Conferenza nazionale sull’architettura, verso una strategia di sistema che lega formazione, ricerca e professione

"La ricerca è la progettazione del futuro ed è il luogo dove formazione e professione si incontrano"

Saverio Mecca

Prove di matrimonio tra chi fa il mestiere e chi gravita nel mondo universitario. Architetti e accademia si sono dati appuntamento a Roma per la Conferenza nazionale sull’architettura, per promuovere una strategia di sistema, integrando formazione, ricerca e professione. “Serve fare squadra perchè vincano contestualmente gli studenti, gli insegnanti e i professionisti. Riusciremo ad alzare il livello solo se si fa coesione – dichiara Saverio Mecca, presidente della Conferenza Universitaria Italiana di Architettura, Cuia – la ricerca è la progettazione del futuro ed è il luogo dove formazione e professione si incontrano. Ancora, questi mondi si devono integrare se partecipano a processi di ricerca con elevata utilità pubblica”. Il riferimento è diretto a Casa Italia, ambito nel quale Mecca e Giuseppe Cappocchin, presidente del Cnappc, si sono conosciuti per la prima volta, ascoltando il programma dell’ex premier Matteo Renzi. “Eravamo gli unici due – racconta Cappocchin – ad apprezzare il tema della visione e del progetto di lungo periodo volto alla rigenerazione urbana”. Più critico Alberto Ferlenga dell’Univesità Iuav di Venezia: “Questo è uno dei casi dove l’università dovrebbe essere parte attiva, invece le scuole di architettura non sono coinvolte. Ci sono generazioni di studenti che hanno mappato il territorio, ma niente. Anzi – spiega Ferlenga – l’Unità di Missione coordinata da Vasco Errani ha chiesto alle Università una collaborazione sul tema delle scuole e le Università devono consegnare dei progetti gratuiti che saranno firmati poi da altri studi, pagati, perché saranno loro ad intervenire sui progetti per modificarli e consegnarli definitivamente”.

Non sarà facile trovare un accordo sui confini della ricerca e della professione, ma l’incontro promosso il 27 aprile a Roma punta a ricostruire un rapporto, ad attivare un dialogo con ricadute dirette sulla formazione delle nuove generazioni.
 
Proposte: Open day unico, percorsi professionalizzanti, esame di stato e tirocinio. Tra le proposte concrete descritte nel documento messo a punto dal Cnappc, con il gruppo operativo Università della Conferenza nazionale degli Ordini e della Cuia, nell’ambito di una intesa con il Miur, c’è un Open day unico nazionale, una settimana durante la quale il sistema ordinistico (Ordini, Federazioni/Consulte regionali) e le Università organizzano eventi ed azioni di incontro e di orientamento pre-universitario stimolando conoscenza, consapevolezza, motivazioni. Non meno importante l’impegno a una valorizzazione dei Comitati di indirizzi per realizzare la programmazione dei percorsi formativi in linea con i profili professionali richiesti dal mercato del lavoro accompagnata dalla verifica e validazione degli obiettivi formativi programmati con i risultati ottenuti unita alla previsione, all’interno dei percorsi di studio di primo e di secondo livello, di moduli di orientamento e accompagnamento al lavoro anche a supporto dei tirocini curriculari.

Tra gli argomenti oggetto di discussione c’è il tirocinio professionale accompagnato da un adeguato compenso che “appare come un’ineludibile tappa nell’ambito del processo formativo e pertanto occorre promuovere azioni che ne determinino l’obbligatorietà e ne consentano la più efficace attuazione”. Nel corso del lavori è stato anche ricordato che l’Esame di Stato condotto con le attuali modalità non è più un’adeguata forma di accesso all’attività professionale anche perché, a ridosso della laurea, oltre ad aver diluito il suo valore di verifica delle capacità e conoscenze acquisite, non è preceduto da un adeguato tirocinio professionale post laurea e il mondo professionale chiamato alla valutazione dei requisiti di base prima dell’accesso alla professione non ha, come invece sembrerebbe logico, l’effettivo controllo sul suo espletamento.
 
Il dibattito. “Il progetto è lo strumento indispensabile per garantire la qualità delle città – spiega Giuseppe Cappocchin – e il tema dei concorsi resta un’urgenza. In Italia se ne fanno pochi e male, in Francia è uno strumento obbligatorio e chi vince realizza l’opera, non solo la short list viene ricompensata con una somma che ripaga dell’impegno. Il progetto di qualità genera un plusvalore e gli architetti non possono più lavorare gratis”. Cappocchin ricorda il protocollo d’intesa fatto dal Cnappc per un concorso-modello nell’area Falck, annunciato lo scorso autunno a Venezia e che diventerà però realtà solo a gennaio 2018.

In questo contesto Cappocchin ha annunciato che il Cnappc rientrerà a far parte dell’Uia, l’unione internazionale degli architetti e che collaborerà per apportare dei contenuti. “Si è deciso – ha anticipato l’architetto padovano – che la città che ospiterà il congresso mondiale sia la capitale dell’architettura. Il congresso si farà ogni due anni, sfalsati rispetto alla Biennale di Venezia che già è riconosciuta come punto di riferimento internazionale”.
 
Per Saverio Mecca, motore dell’incontro insieme a Paolo Malara, coordinatore del Dipartimento Università del Cnappc, il recupero di una strategia congiunta sull’architettura è imprescindibile. “In troppe occasioni recenti si è misurata la fragilità del nostro territorio, servono risposte all’antropizzazione, serve un surplus di impegno progettuale e un approccio visionario che solo l’architettura può offrire”. “Con il minimo delle risorse disponibili, con misure a costo zero ma con iniziative costruttive – aggiunge Malara – dovremo promuovere un atto politico”. Cosimo Ferri, Sottosegretario al Ministero della Giustizia, ha citato a titolo di esempio il lavoro da fare sulle carceri, “dove è necessaria una sinergia anche con l’industria per rispondere adeguatamente a tutte le scale, compresa quella degli arredi”. Federico Cinquepalmi dirigente per l’internazionalizzazione del Mibact, ha sottolineato come “la gestione del patrimonio sia l’elemento centrale della strategia di valorizzazione dell’area dell’architettura. Sul mio tavolo – ha aggiunto – c’è ad esempio il progetto Caschi Blu della Cultura, portato avanti dall’Italia in ambito Unesco, per salvaguardare il patrimonio messo in pericolo dalla guerra. In questi progetti gli architetti hanno un ruolo centrale e attivo, e le risorse non mancano”.
 
Internazionalizzazione. “L’Europa della Cultura sembra reggere alle divisioni incombenti – ha dichiarato Adalberto Del Bo, vicepresidente European Association for Architectural Education – ricordiamoci che le scuole con il sistema Erasmus sono un cemento forte”. L’internazionalizzazione è un tema trasversale per l’accademia e la professione e Livio Sacchi, coordinatore del dipartimento Esteri per il Cnappc, tenta di descrivere a grandi linee come si fa a lavorare all’estero, dove andare e quale carte giocarsi. “Gli italiani che vanno all’estero o si impiegano in uno studio o si propongono come partner di chi può essere il local architect. Si deve puntare sulla forza della cultura architettonica italiana, si sente forte il fascino del made in Italy, della moda e del lifestyle e questo aiuta anche gli architetti. Altro punto di forza – aggiunge Sacchi – resta la riconosciuta cultura sullo spazio pubblico”. I limiti? “La piccola dimensione degli studi considerando che in Italia ogni studio conta in media 1,4 addetti e che le prime società della classifica internazionale sono nel Regno Unito e negli Stati Uniti, sono dei giganti come le società di ingegneria con un numero di addetti che sfiora le 100mila persone, con 20-30 sedi sparse nel mondo”.

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Paola Pierotti
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