22-02-2017 Paola Pierotti 6 minuti

Sejima: L’architettura muove sentimenti e si rafforza quando crea un dialogo con chi la usa

La star giapponese a Roma in occasione della mostra al Maxxi presenta il suo lavoro descrivendo le ricadute sulla comunità

"Il cliente è una figura molto importante con cui il progettista deve discutere e negoziare"

Kazuyo Sejima

“È stata la prima donna a diventare direttore della Biennale Architettura di Venezia e la seconda dopo Zaha Hadid a vincere il premio Pritzker. Architetto della trasparenza, dell’immaterialità, attentissima al rapporto con l’ambiente, studiando la relazione tra uso degli spazi e comportamenti delle persone”. Questo è l’identikit dell’architetto Kazuyo Sejima tratteggiato da Margherita Guccione, direttore Architettura del Museo Maxxi di Roma, in occasione della lecture promossa dal museo romano, e della mostra dedicata alle case giapponesi. Dopo un’esperienza professionale con Toyo Ito, Sejima ha fondato lo studio Sanaa con il socio Ryue Nishizawa, “sintesi di pragmatismo e intellettualismo” ha commentato Pippo Ciorra curatore della mostra.

In trent’anni di attività, Sejima ha lavorato in tutto il mondo, da New York a Losanna: ha progettato nella Grande Mela il New Museum of Contemporary Art e in Svizzera ha ultimato nel 2010 il Rolex Center nel campus della scuola politecnica. In Francia a Lens ha costruito il nuovo Louvre, in Giappone ha firmato progetti per negozi, abitazioni e spazi per la cultura. “Fare architettura significa per me saper definire uno spazio capace di ospitare diverse attività, collegando interno ed esterno”. Sejima spiega questo concetto ricordando di aver realizzato pareti da 16 millimetri “che non dividono ma uniscono. Aprire delle finestre in un muro senza profondità – spiega l’architetto – significa avvicinare il paesaggio”.

“Un'architettura è buona quando muove dei sentimenti, quando è il prodotto di un dialogo costruttivo tra committente e architetto, ma soprattutto quando viene usata e trasformata da chi la abita”. Queste la parole di Sejima quando a Venezia, spiegando la sua Biennale, diceva come sia l'utente finale a rendere vera l'architettura. “Quando si progetta e poi costruisce, il cliente è una figura molto importante con cui si deve discutere e negoziare – ha spiegato – ma determinanti sono le persone che contribuiscono a dare qualità alla vita dell'edificio”. Un pensiero che si concretizza in due dei tanti progetti dell’architetto Sejima, uno in Giappone, nell’isola Inujima, l’altro in America ad un’ora di auto da New York.

In Giappone, nel Mare interno di Seto, lo studio Sanaa è stato coinvolto per rigenerare un’isola che ogni anno si arricchisce di nuove opere d’arte e attrazioni, trasformandosi in un’ambita meta per gli estimatori d’arte contemporanea. Sanaa è al lavoro insieme ad altri studi, come Tadao Ando che qui ha progettato il Benesse House Museum, un museo e albergo arredato con oggetti di design e opere d’arte. “Tadao Ando – spiega la stessa Sejima – era stato chiamato per primo per rivitalizzare quest’isola deserta, dove inizialmente c’erano poche decine di persone con un’età media molto alta. In 20 anni si è lavorato per rigenerare singoli tasselli, si sono smontati gli edifici e riusati i materiali, si è spinto per promuovere la collaborazione tra architetti e artisti, sempre tenendo presente il genius loci”. Negli anni il percorso di visita è stato allungato, per incentivare la fruizione di tutta l’isola. Per rendere attrattivo questo sito per un tempo più lungo è stato organizzato anche un workshop con le scuole. 

In America invece, per una comunità locale, Sanaa ha ideato Grace Farms, un’architettura che doveva diventare uno spazio per condividere il tempo libero dopo l’impegno nel volontariato, per vivere le funzioni religiose, per riposare lontani dalla frenesia della città. “Sotto un’unica copertura che si snoda in un parco – spiega l’architetto – abbiamo pensato di riunire tutte le attività che richiedono condivisione, dallo spazio per il barbeque alle sale relax, da un auditorium per 700 posti ad una mensa e una palestra”. Dove un tempo c’era un’area per l’allenamento dei cavalli da corsa oggi c’è uno spazio mixed use che viene usato “anche da professionisti che scelgono questo luogo – commenta Sejima – invece di incontrarsi in un’anonima hall di un hotel di New York”.

Per il nuovo Louvre a Lens Sejima è intervenuta in un’ex area di estrazione del carbone. Ricordando il passato industriale, Sanaa ha costruito cinque corpi di fabbrica in vetro e metallo, comunicanti tra loro, e dislocati in un’area di 20 ettari di superficie. “L’edificio è di un solo piano – spiega Sejima – ma il dislivello del terreno, da una parte all’altra dell’area, è di oltre 4 metri. Abbiamo valorizzato questa pendenza, e il progetto si è adattato alla morfologia del terreno. Le pareti dell’architettura si caratterizzano per essere leggermente curvate, con lo scopo di migliorare l’esperienza del visitatore e il rapporto con le opere d’arte e il territorio. Il Louvre – continua l’architetto giapponese – ci ha chiesto di considerare le opere non come oggetti antichi ma come elementi da valorizzare integrandoli con la contemporaneità, riportandoli al presente. Ci siamo riusciti giocando con la luce all’interno e all’esterno, dove l’architettura, riflettendo l’intorno, sembra quasi scomparire nel paesaggio”.

Le case di Sanaa. In un quartiere popolare di Kyoto lo studio giapponese ha realizzato un complesso residenziale innovativo, Nishinoyama House, studiando la migliore relazione possibile con il paesaggio intorno. “In sostituzione di un unico insediamento per 10 famiglie – racconta Sejima – abbiamo costruito un sistema aggregato di case, in armonia con la scala delle case tradizionali che ci sono nell’immediato intorno. Il cliente ci aveva chiesto una copertura non piana. Se avessimo fatto un unico tetto, sarebbe risultato un volume imponente e non integrato con l’ambiente. Ecco che abbiamo optato per la costruzione di dieci volumi, giocando sul sistema di copertura”. Ogni appartamento ha tre tetti: uno è tutto per una casa e altri due sono in condivisione con altre case, in modo tale da creare uno spazio integrato con cortili, terrazzi e garage che alternativamente sono scoperti e coperti in base alle necessità. “L’unitarietà del progetto è offerta dalla complessità del sistema di copertura” ha commentato Sejima.

Dai centri commerciali agli spazi per la cultura. Sanaa è sotto i riflettori a Parigi dove è stato più volte bloccato e poi ripreso l’“audace e innovativo progetto di restauro, per un’attesissima rinascita dei magazzini La Samaritaine” come si legge sul sito web della proprietà, il gruppo Lvmh. Gli architetti giapponesi hanno terminato intanto a Tokyo un edificio dedicato al lavoro dell’artista Katsushika Hokusai, un museo destinato ad affermarsi come punto di riferimento culturale per la comunità locale. Come per il Louvre anche in questo caso si tratta di un’architettura rivestita con una facciata riflettente che permette all’edificio di adattarsi al contesto. Un monolite che accoglie cinque piani connessi con passerelle e che all’esterno si mostra con elementi spigolosi che permettono di portare la luce naturale nel cuore del museo. Tra i lavori in corso c’è un auditorium per 1200 posti in una cittadina a Nord del Giappone mentre tra le opere recenti firmate Sanaa c’è un piccolo edificio in un’isola, un volume leggero e originale che ospita al suo interno una sala d’aspetto e un parcheggio per le biciclette, sul waterfront. Sanaa sta progettando anche in Italia avendo vinto il concorso per riconvertire l’area dell’ex centrale del latte di Milano in un nuovo campus per la Bocconi.

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Paola Pierotti
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