26-01-2017 Paola Pierotti 3 minuti

Cercasi advisor per Arexpo. Azzone spiega l’identikit del team ideale e il ruolo del vincitore

Intervista al presidente. Revisione al bando: concessione estesa da 50 fino a 99 anni

C’è ancora un mese di tempo per partecipare alla maxi-gara indetta da Arexpo per trovare un advisor e un gestore per gli investimenti privati nell’area che ha ospitato il grande evento nel 2015. A valle degli incontri programmati a Milano e Londra per presentare l'iniziativa, ascoltando le esigenze di potenziali partner, Arexpo ha esteso da 50 a 99 anni la durata massima della concessione per lo sviluppo e la gestione degli spazi, auspicando il più ampio coinvolgimento, e rendendo economicamente più interessante il progetto.

Giovanni Azzone, presidente di Arexpo, qual è il target di questo bando? Chi potrebbe essere, presumibilmente, il capofila delle squadre che parteciperanno alla gara indetta all’inizio dell’anno?
Immagino sarà un developer. La parte relativa allo sviluppo è essenziale, ma si richiede una composizione bilanciata e si condida nella massima integrazione con chi risponde alla domanda di qualità urbanistica e architettonica, e con chi garantisce la sostenibilità finanziaria dell’operazione. La gara è rivolta ad un team multidisciplinare dove si dovranno massimizzare i ruoli dei developer, degli advisor finanziari e di chi copre la parte relativa alla progettazione urbanistica e architettonica.  

A valle del road show che ha visto Arexpo fare tappa anche a Londra, quali i primi riscontri? Chi è interessato?
C’è grande interesse tra gli sviluppatori, ma davvero anche molte sono le richieste di informazione da parte di studi internazionale di architettura e urban planning.

Arexpo ha esteso la concessione dal limite dei 50 anni ai 99 anni, come mai?
In occasione degli incontri che abbiamo fatto per raccontare la visione di questo grande progetto che vuole essere il trampolino di lancio per la Milano del futuro, abbiamo ascoltato i nostri interlocutori ed è emerso un forte interesse dal mondo dei fondi pensione che non potranno essere un interlocutore diretto di Arexpo, ma entrando in campo in questa partita chiedevano di poter avere un tempo più lungo, anche per migliorare la qualità della progettazione. Abbiamo riflettuto, ovviamente le offerte entro i 50 anni sono ancora presentabili ma abbiamo ritenuto di estendere il limite per aprire ulteriormente.

Che ruolo avranno i progettisti in questa gara?
Centrale. L’area di Expo è un biglietto da visita per Milano e sarà il luogo dell’innovazione e della creatività.

Si cerca un advisor per affiancare Arexpo, c’è già o costituirete un ufficio come è stato fatto per Expo?
Arexpo oggi ha una struttura interna, ma un anno fa aveva zero dipendenti. Nei prossimi mesi crescerà, ma non supererà mai le 40-50 unità. Per procedere con l'iter dovevamo trovare un compromesso, non avendo tutte le competenze in house, abbiamo studiato questo bando: il team interno avrà il compito direzionale e garantirà la qualità complessiva dello sviluppo, ma sarà meno operativo.

Arexpo firmerà il progetto finale?
No, sarà l’autorità garante della coerenza tra il progetto e la visione complessiva del piano. Come stiamo facendo per Casa Italia è impensabile che si gestiscano progetti ampi con competenze interne: nel mercato ci sono tante professionalità da valorizzare.

Milano si ispira a Londra, con quali analogie e differenze con la London Legacy Development Cooperation?
È una realtà che riguarda un sito e una trasformazione più ampi rispetto a quella di Milano ed è più decentrata, ma sicuramente è una delle esperienze di maggior successo per il post grandi eventi.

Non avete scelto la via di un tradizionale concorso di progettazione. Non era previsto dalle norme o si è optato per una soluzione diversa per altre ragioni?
Non volevamo separare la progettazione dallo sviluppo. Arexpo ha fatto un’attenta riflessione cercando di bilanciare due esigenze: garantire una forte qualità progettuale e allo stesso tempo uno sviluppo reale di un’area di più di un milione di mq di slp. Separare in modo netto la fase di progettazione da quella di sviluppo sarebbe stato molto rischioso, abbiamo preferito tenere insieme i due momenti per evitare di selezionare un progetto molto buono che non aveva però, magari, le caratteristiche di sostenibilità finanziaria. 

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Paola Pierotti
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