08-03-2016 Paola Pierotti 9 minuti

Mille numeri di Domus: il bilancio e le prospettive. Intervista a Giovanna Mazzocchi

Incontro con la presidente e proprietaria dell’Editoriale Domus, imprenditrice della carta stampata che guida l’azienda di famiglia dal 1984

"Per i direttori, guidare Domus non è il lavoro principale, alcuni erano curatori, altri professori, altri professionisti: questa è una sofferenza per la redazione ma è anche uno stimolo incredibile perché ogni volta si mettono in circolo contatti e conoscenze"

Giovanna Mazzocchi

Mille candeline per Domus. La rivista del design e dell’architettura fondata nel 1928 da Gio Ponti arriva in edicola con il numero 1000 e il 10 marzo festeggerà questo traguardo alla Triennale alla presenza di tutti i past director. In un tempo di pesante crisi per la carta stampata ed in particolare per le testate di settore, Domus mantiene 26mila abbonati di cui 11mila in Italia (di questi il 65% accede anche alla copia in digitale). Online invece, su Domusweb gli utenti unici sono 450.000 media mese e le pagine viste in media mese sono 2,3 milioni (dato dicembre 2015). I fan su Facebook superano i 583mila e su Twitter i follower sono 103mila.

Da 87 anni la famiglia Mazzocchi è l’editore, da quando nel 1929 Gianni Mazzocchi ha rilevato la testata a soli 23 anni. La figlia Giovanna guida l’azienda dal 1984 seguendo in prima linea l’evoluzione del mondo della comunicazione, in un delicato equilibrio tra informazione, gestione dei contenuti, domanda dei lettori, innovazione del settore, pubblicità e business. Da qualche anno la figlia Sofia Bordone è diventata amministratore delegato. Tre generazioni quindi per un editore di periodici che ha tra i suoi brand anche Quattroruote, Dueruote, Il Cucchiaio D’Argento, Meridiani, TuttoTrasporti. “Leggere il presente per scrivere il futuro” è il payoff della pagina web dove la Dottoressa Mazzocchi spiega che intorno ai suoi brand la casa editrice cerca di far dialogare “consumatori e imprese, lavorando con gusto, passione e serietà e distinguendosi per autorevolezza e affidabilità”.

Presidente, quali sono le tappe fondamentali che hanno segnato il successo di Domus?
La rivista è nata con Gio Ponti concentrando l’attenzione sui temi dell’architettura e dell’arredamento delle abitazioni moderne in città e in campagna. Inizialmente si occupava anche di come apparecchiare la tavola, come ricevere, come tenere i libri in biblioteca. Tutto ruotava intorno al concetto di casa come ‘home’ piuttosto che come ‘house’. Il mondo dell’editoria specializzata si è iniziato a muovere più tardi.

Domus non era nata quindi come rivista di progetto ma era consumer, un mezzo di informazione. Solo in un secondo momento è diventata veicolo di comunicazione aprendosi al dialogo con le aziende che attraverso la carta stampata dovevano promuovere prodotti fisici e culturali.

Come vi siete orientati per la scelta dei direttori?
Alla fine degli anni ’70 abbiamo deciso di rompere la continuità e di affidarci a direttori diversi. Non volevo giornalisti perché non li trovavo adatti, e dopo una persona tanto eclettica come Gio Ponti era davvero complicato trovare un sostituto che esercitasse la professione e che fosse allo stesso tempo geniale. Da allora sono passati nove direttori. Ha iniziato Alessandro Mendini nel 1979 (con un ritorno nel 2010), seguito da Mario Bellini dal 1986, Vittorio Magnago Lampugnani dal 1992, Francois Burkhardt dal 1996, Deyan Sudjic dal 2000, Stefano Boeri dal 2004 a cui è seguito Flavio Albanese dal 2007 e poi Joseph Grima dal 2011. Nicola Di Battista è in carica dal 2013 e Donatella Bollani è il vicedirettore.

Ogni direttore si fa affiancare da persone di fiducia e spesso porta in dote anche un proprio art director per la grafica. Bellini con il numero uscito a marzo 1986 aveva affidato il progetto grafico a Italo Lupi.

Cosa cerca e cosa chiede ai suoi direttori?
Ogni volta cerco una persona integerrima, non suscettibile alle richieste di pubblicazione, un professionista che ha carisma, riconosciuto, organizzativamente capace, credibile verso la redazione ma anche nei rapporti esterni, creativo, sensibile nei confronti dei nuovi media, un po’ inventore, sensibile alla domanda in evoluzione e capace di proiettarsi anche nel mondo degli eventi. Come brand facciamo informazione, comunicazione, diamo servizi, possiamo fare formazione. Ecco che il direttore deve essere sensibile a tutto questo. Per i direttori, guidare Domus non è il lavoro principale, alcuni erano curatori, altri professori, altri professionisti: questa è una sofferenza per la redazione ma è anche uno stimolo incredibile perché ogni volta si mettono in circolo contatti e conoscenze.

È rimasta sempre soddisfatta dei suoi direttori?
Certamente il pubblico si è riconosciuto alternativamente nella linea editoriale di uno o di un altro, ma la scelta del direttore non l’ho mai sbagliata.

Domus è internazionale. Nessuna edizione diversa da quella originale. Quale strategia per rispondere al mercato estero?
L’internazionalizzazione è iniziata negli anni ’50 grazie ai rapporti personali di Gio Ponti in America Latina: Domus ha cavalcato quest’onda per raccontare il made in Italy e confermarsi la rivista di riferimento per il settore del design. Sugli stessi temi l’Editoriale Domus ha rilevato e mantenuto la rivista Casabella dal 1934 al 1964 e per qualche anno dal 1954 anche Stile Industria (trimestrale dedicato alla dimensione estetica del prodotto, ndr). Già nel ’75 Domus veniva diffusa in 82 Paesi. Siamo arrivati ad un massimo di 86 paesi raggiunti. Era la rivista di riferimento per gli studenti e i professionisti. Dal 1988 al 1990 sono usciti sei numeri con versione in lingua russa e dal 1989 esce un’edizione anche in cinese.

Lei è stata in prima linea nell’avventura russa, cosa le ha lasciato questa esperienza?
Dalla Russia ci avevano cercato come casa editrice di periodici per poter attivare un dialogo tra i due paesi, uno scambio di conoscenze. Ci avevano scelto perché Domus sembrava poter offrire uno sguardo complessivo sull’avanguardia nel modo. In un paio d’anni sono stata una ventina di volte e sono entrata in contatto con molte personalità, compreso il primo ministro che sovrintendeva alle costruzioni in Unione Sovietica. Ho visitato il Paese in ogni suo angolo cercando di intercettare temi e notizie da esportare ma non era facile nemmeno sul fronte del turismo: non erano ancora attrezzati sia in termini di servizi che di hotel per la promozione del paese.

E in Cina?
Mentre con la Russia l’esperienza è stata temporanea, in Cina il lavoro prosegue. Lì ero approdata con un ex ministro degli Esteri che riaprendo i contatti Italia-Cina mi aveva presentato un editore locale per avviare un progetto comune. Qui pubblichiamo 4 numeri all’anno con la possibilità di realizzare un mix con tutti i contenuti del nostro archivio. Dopo l’edizione russa e quella cinese mi sono convinta ad accettare edizioni con tutti gli alfabeti diversi dal nostro, da quella israeliana a quella araba. Ho provato anche con l’India dove però generalmente non funziona la diffusione dei periodici e comunque l’inglese è molto diffuso tra i potenziali lettori. In Messico realizziamo l’edizione per il Centro America. Per il Giappone abbiamo optato per un booklet con la traduzione. Solo tre anni fa abbiamo liberato l’edizione tedesca.

Sempre traduzioni e mai co-edizioni, perché?
Per ragioni di contenuto e per altre di tipo pubblicitario. Se avessimo ceduto a pubblicare edizioni locali avremo abbassato la qualità dei progetti scelti e non avremo trovato il favore degli inserzionisti dovendo proporre diversi prodotti.

Editoriale Domus fa anche editoria per conto terzi. In quali casi?
Avevamo una sezione dedicata alle aziende pensata per tradurre in pubblicazioni mirate il valore aggiunto imprenditoriale, supportato da una ricerca culturale. L’idea era nata con l’intento di esaltare le eccellenze, visto che le aziende italiane restano il tessuto connettivo del nostro Paese, il motore della creatività. Siamo partiti con il mondo dell’auto e in tre anni avevamo assunto una decina di persone che poi sono state impegnate su questo fronte ma sui vari temi. Valorizzare la cultura d’impresa è centrale e perseguo questa strada anche in Assolombarda dove mi sto impegnando con l’intento di comunicare alle 7-8000 piccole e medie imprese (che contano da 2 a 15 dipendenti massimo) che i punti di forza stanno spesso nelle peculiarità nascoste.

Domus si distingue anche per la consolidata attenzione da parte degli inserzionisti. Quale carta vi giocate?
Domus è ormai un brand e, anche se non è sempre gradito, viene accettata l’idea di affiancare i prodotti di diverse aziende.

Cosa sarà il numero Mille?
Per celebrare questo traguardo abbiamo chiesto un contributo ad ogni direttore. Ci sarà anche un allegato di 90 pagine sulla Triennale. Un numero speciale e corposo, tanto che agli abbonati dovremo spedirlo in due pacchi distinti per contenere le spese di spedizione.

Domus in edicola?
Siamo in tutte le edicole accanto alle Università, nei punti strategici di flussi internazionali. Ovviamente non copriamo tutto il territorio nazionale ma la diffusione è buona e abbiamo un reso che rimane sotto il 18%.

Domus ha raggiunto il numero Mille, quali prospettive e progetti per il futuro?
Serve un cambio di passo. È già un buon segnale il numero degli abbonati che ricevono e scaricano la versione digitale. Abbiamo lavorato e stiamo lavorando sul sito web tutt’altro che tradizionale: Dezeen, che tra l’altro vede impegnati una trentina di persone, per intendersi non è un nostro competitor. Fino a due anni fa i conti economici sul digitale non tornavano, è evidente che non si vive di soli banner e bisogna inventare nuovi prodotti.

Concretamente dove conta di spingere l’innovazione?
Per Quattroruote abbiamo realizzato una webtv e abbiamo una pista per eventuali clienti interessati a provare un’automobile in un pacchetto di comunicazione che possiamo realizzare ad hoc. La nostra casa editrice ha un fatturato che per il 60% è riservato alla carta ma il 40% riguarda servizi dedicati. Per il mondo dell’automobile siamo più avanti e siamo ormai un riferimento tecnico forte di un brand serio e inattaccabile. Riusciamo a farlo grazie ad una squadra di oltre 330 persone molte delle quali impegnate nella definizione di analisi di mercato.

Acceleratore necessario per contrastare la fatica degli ultimi anni?
Grazie ai nostri mezzi siamo ancora in piedi ma la casa editrice arriva da sei anni di bilancio in rosso. Fatturavamo 80 milioni, ora ne guadagniamo 50. Abbiamo fatto un paio di ristrutturazioni e chiuso alcune testate: non è stato un periodo semplice, sempre tenendo conto che alcune riviste funzionano meglio di altre, nel nostro caso Quattroruote copre il 60% del fatturato.

E per il futuro di Domus?
Pensiamo a una manifestazione annuale e lavoreremo molto sul sito web: non concepisco il tema dei servizi sulla carta ma è necessario svilupparli con i nuovi media. Lavoreremo sul tema della formazione prevedendo lezioni in aula e online con l’incontro dei grandi maestri dell’architettura e del design. Con un team di tre persone stiamo ragionando attentamente sul brand internazionale di Domus forse anche guardando ad una sede all’estero.  

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Paola Pierotti
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