Valore Restauro Sostenibile. Carbonara porta a Venaria il modello-Siponto con l’opera d’arte pubblica
Il restauro è manutenzione e prevenzione attraverso tecniche innovative. L’architetto deve saper far convergere discipline diverse
"La formazione dell’architetto deve essere quindi impostata allo sviluppo di capacità progettuali: niente regole ma sensibilità e preparazione"
“Nel parco di Siponto a Manfredonia ci si è posti il problema di ridare un volume virtuale alla chiesa paleocristiana, impostando sullo scavo archeologico un gioco di trasparenze reso possibile dai fili d’acciaio che non interferiscono affatto con la chiesa romanica nata 600 anni dopo. Con una struttura di fili trasparenti Edoardo Tresoldi ha reso democratica la cultura, adottando una soluzione sperimentale”. Giovanni Carbonara, Ordinario di Restauri di Monumenti, Università La Sapienza Roma, intervenuto a Venaria Reale ha citato l’opera promossa dal Segretariato Regionale e dalla Soprintendenza della Puglia nell’ambito della conferenza internazionale “Valore Restauro Sostenibile. Costellazione di Confronti sul Restauro” promossa dai Fratelli Navarra e Italiana Costruzioni lo scorso 25 febbraio.
“Una scelta che dimostra la cultura e il coraggio della Soprintendenza, attenta non soltanto al restauro prudenziale dell’opera, con l’obiettivo di non danneggiarla, ma anche alla sua comprensibilità”. Santa Maria di Siponto è una chiesa romanica e accanto c’è uno scavo di una basilica paleocristiana quasi rasa al suolo, “bisognava conservarla – ha continuato il professore romano – e per questa conservazione si erano susseguite diverse ipotesi di copertura che interferivano sul paesaggio, segni in più che non aggiungevano nulla, anzi infastidivano. Si è pensato allora di dare la terza dimensione, suggerire virtualmente il volume di questa chiesa attraverso un intervento con la rete trasparente”.
Nell’ambito di questo convegno che ha coinvolto esponenti del mondo della cultura, delle istituzioni e dell’imprenditoria, si è attivato un dibattito sui temi del restauro, della conservazione e valorizzazione del patrimonio monumentale e culturale, sostenendo la forza del paternariato tra pubblico e privato, che contemperi aspetti sociali con quelli economici. Mirati alla conservazione ma anche alla gestione dei beni.
Carbonara, in riferimento all’opera di Siponto ha citato altri casi dove però erano gli architetti e non gli artisti ad intervenire in modo sperimentale. “Vicino Roma, sul tempio di Apollo a Veio, Franco Ceschi ha realizzato una costruzione con dei tondini di acciaio che danno un’idea del tempio, altrimenti incomprensibile. Inizialmente – ha spiegato Carbonara – doveva essere una cosa provvisoria, poi è piaciuta tanto ed è rimasta definitiva. Tra gli altri casi che ricordano la risoluzione innovativa di questi temi ci sono alcuni restauri di Franco Minissi, come la copertura della Villa del Casale di Piazza Armerina, il teatro di Eraclea Minoa, l’abazia di San Nicolo Regale a Mazara del Vallo. Tutte opere criticate e distrutte. A Piazza Armerina il restauro fu criticato per i vetri e l’effetto serra ma fu eseguito per aggiunta senza intaccare il sito, inoltre non era solo una copertura ma anche un’opera di landart che dialogava con l’ambiente”.
Carbonara, nella sua lezione a Venaria, si è soffermato sul tema della formazione. “Serve una convergenza di discipline diverse e intrecciate sulla figura dell’architetto che poi ha la responsabilità di firmare un progetto quindi certamente è auspicabile un’apertura interdisciplinare con lo scambio di tante competenze”. Sul patrimonio costruito serve un lavoro di coordinamento e di regia. “La formazione dell’architetto deve essere quindi impostata allo sviluppo di capacità progettuali: niente regole ma sensibilità e preparazione".
“Bisogna saper controllare le diverse competenze, trovare soluzioni estetiche” ha ribadito Carbonara. Per restare su casi concreti il professore romano ha ricordato “Selinunte, sito straordinario non valorizzato a dovere e che soffre della vicinanza del più grande complesso edilizio abusivo italiano. I templi – ha spigato – sono stati recuperati solo in qualità di attrattori turistici, invece di attuare mirate anastilosi per scopi archeologici e conservativi. Un vero progetto dovrebbe avere una scala più ampia, un’idea progettuale che nasce dall’archeologia, passa attraverso l’urbanistica, l’analisi dei materiali: il progetto del restauro non può essere monodisciplinare ma deve discendere da una convergenza di saperi”.
Il restauro è manutenzione e prevenzione attraverso tecniche innovative. “Fare restauro è un modo di fare critica e fare storia, non espressa verbalmente ma tradotta in atto. Si lavora sull’opera materiale e non sulla sua concezione, non si agisce su copie come in letteratura poesia e musica, ma sempre e solo su originali unici e irripetibili, e per questo servono professionalità sempre migliori e tecniche sempre più affinate che diminuiscano l’invasività dell’intervento, che garantiscano la reversibilità e la compatibilità. L’integrazione di opera d’arte e restauro, portano a quel restauro creativo che potrà reintegrare grandi lacune”.
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