
Simone Cola: “Il gesto e la biografia degli architetti prendono il posto dei contenuti”
Intervista a Simone Cola, architetto, libero professionista, presidente del Dipartimento Cultura, Promozione e CNAPPC e direttore editoriale della rivista digitale L’Architetto.
"L’idea, banalizzante, di un’architettura identificata nei progettisti piuttosto che nei progetti è molto presente sui media contemporanei"
Cosa vogliono leggere gli architetti? Cosa gli architetti vogliono far sapere a potenziali clienti?
Gli architetti chiedono informazioni rapide e sintetiche su progetti, leggi, opportunità di lavoro e professione.
La crescita della rete amplifica la propensione verso una comunicazione veloce ma spesso superficiale.
L’idea, banalizzante, di un’architettura identificata nei progettisti piuttosto che nei progetti è molto presente sui media contemporanei; la biografia e il gesto spesso trovano maggiore attenzione rispetto ai contenuti disciplinari e, quindi, molti progettisti tendono a presentare il proprio lavoro secondo queste (discutibili) modalità.
Lo stato di salute della comunicazione/editoria di settore in Italia? La tua rivista/giornale preferito?
Crisi economica e trasformazioni tecnologiche hanno fatto transitare molta comunicazione sulla rete, determinando anche risultati assolutamente interessanti e innovativi.
Le immagini pubblicate dai tanti siti e blog di architettura dicono tanto ma non tutto delle attuali condizioni del nostro mestiere; in questo contesto osservo con interesse come la nuova Domus di Nicola Di Battista rivendichi, ostinatamente, la necessità di parlare della città dell’uomo attraverso gli strumenti propri della nostra disciplina.
Cosa non va nella comunicazione di architettura/ingegneria/design oggi?
Il consumo compulsivo di notizie cui siamo sottoposti non consente un'adeguata sedimentazione dei temi sui quali riflettere e tende, paradossalmente, a veicolare slogan e frasi fatte.
Ritengo sia doveroso valorizzare gli spazi di approfondimento e riflessione capaci di andare oltre le contingenze della quotidianità. Perché l’architettura, oltre che con lo spazio, deve necessariamente confrontarsi con il tempo.

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