14-04-2015 Paola Pierotti 3 minuti

Cinzia Leone: “Nelle città si deve lasciare la libertà di inventare l’uso degli spazi”

Intervista per 500x100Talk a Cinzia Leone, attrice, Roma

"Con l’avvento di internet si è registrata una fuga dalla messa in gioco personale, tutti si sentono autorizzati a mandarsi a quel paese dietro la protezione degli schermi: bisognerebbe lavorare di più sulla socializzazione, sui luoghi di incontro dei ragazzi, sui bar, sperando non si lamentino quelli dei piani di sopra!"

Cinzia Leone

Cos’è per te la città?
Ogni città è diversa dalle altre, ciascuna ha una storia e va vista nel contesto in cui è sorta. Le città hanno sapori diversi: a me quelle troppo nuove e asettiche mi angosciano, quelle invece che hanno un passato e parlano di chi c’è stato prima di noi mi fanno impazzire. Le atmosfere dipendono dalle persone che la vivono. Delle città mi piace la pancia: “quando si va a Caracas bisogna andare a prendere un whisky in uno dei bar più sozzi della città”, sono in molti a raccomandartelo e quindi significa che non solo a me piace la pancia della città. Adoro scoprire le atmosfere, la storia, apprezzo anche l’urbanistica, l’organizzazione ma credo che la città non debba soltanto dare una soluzione in termini di polifunzionalità, di progettazione e programmazione della vita sociale. Si deve lasciare anche la libertà di inventare l’uso degli spazi.

Che immagini ti vengono in mente quando si parla di città?
La città deve essere un luogo che ti conquista com’è una casa che ti accoglie quando ti siedi e trovi i tuoi affetti, calda come un abbraccio. A me affascinano tutte le città cariche di storia: non mi fa schifo un rivolo che scorre o qualcosa per terra, l’anima della città deve sprigionarsi dalle cose, dalle persone, debordare dalle strutture che la imprigionano, non può restare contenuta nell’ordine architettonico ed estetico delle costruzioni. Mi fa più schifo una città che non comunica nessuna forma di amore per la vita di chi ci abita.

Quali sono secondo te le caratteristiche di un buon progetto?
Il progetto riguarda l’organizzazione sociale della vita che va pianificata adeguatamente in base ai quartieri, ai comportamenti, alle esigenze, non c’è una misura che vale per tutti. Qualche esempio? Bisogna saper valutare bene quanto sia giusto sacrificare uno spazio per fare un parcheggio piuttosto che altre funzioni; nei quartieri-dormitorio bisognerebbe ravvivare la vita sociale non necessariamente mettendo un giardinetto con qualche scivolino per i bambini, sì perché tanti quando vedono un po’ di verde pensano subito al giardinetto per il parco giochi. Basta con queste settorializzazioni, tipo nei parchi “cani separati dai bambini”, ecco l’urbanistica potrebbe fare molto per abbattere i pregiudizi e facilitare le relazioni umane che oggi più che mai vanno messe al primo posto per contrastare gli alti livelli di aggressività.

Con l’avvento di internet si è registrata una fuga dalla messa in gioco personale, tutti si sentono autorizzati a mandarsi a quel paese dietro la protezione degli schermi: bisognerebbe lavorare di più sulla socializzazione, sui luoghi di incontro dei ragazzi, sui bar, sperando non si lamentino quelli dei piani di sopra! La verità è che anche qui bisognerebbe trovare il modo perché i giovani imparino ad accettare gli anziani e viceversa, bisognerebbe capire che non si può calibrare il mondo rispetto alle proprie esigenze. La città dovrebbe assolvere anche l’importante compito di non dividere le persone, di tornare a farle incontrare.

Il mondo è stato travolto da un’esplosione di democrazia e tutti hanno paura di essere soverchiati dall’alto. Con la creatività, con la fantasia e con la testa, senza mettere in conto necessariamente importanti investimenti di denaro, si possono realizzare tanti spazi belli e utili nelle nostre città.

Cos'è 500x100Talk?

L'intervista è pubblicata per 500×100 in "La città come strumento di Dialogo", Salone del Mobile 2015

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Paola Pierotti
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