22-01-2015 Paola Pierotti 4 minuti

Architetto in campo con l’impresa: Stipa è il “site manager” del padiglione giapponese

Intervista al professionista romano incaricato dal general contractor (Takenaka Europe) per coordinare tempi e logistica in cantiere

"Potenzialmente c’erano tante occasioni per i professionisti. Stando tutti i giorni in cantiere mi è capitato che altri Paesi mi chiedessero di collaborare per attività di management. Per assurdo tramite il network mi hanno proposto possibilità incredibili ma con tempi così stretti bisognava essere strutturati diversamente"

Andrea Stipa

Dalla sede Toyota di Roma al padiglione giapponese di Expo 2015. Andrea Stipa, architetto romano cinquantenne è stato incaricato dal general contractor, l’azienda Takenaka Europe, per coordinare il lavoro in cantiere, le commesse dei subappaltatori in termini di tempi e logistica, e le relazioni con Expo spa. Stipa ha collaborato con l’ufficio tecnico della Takenaka per rifinire i dettagli del progetto elaborato in Giappone e insieme l’hanno portato alla fase realizzativa. Il concept del padiglione è di Atsushi Kitagawara Architect, Ishimoto Europe con Arup ha sviluppato il progeto architettonico.

Architetto, Expo 2015 è un’opportunità per chi come lei è riuscito ad intercettare un'occasione. Come è riuscito Andrea Stipa ad ottenere un incarico?
Con l’impresa Takenaka avevo già collaborato a Roma dove con il mio studio ho collaborato con Aiku per progettare la sede della Toyota. Siamo rimasti in contatto e in occasione dell’evento milanese mi hanno chiesto di seguire il management del padiglione: per i Paesi stranieri non era facile rispondere alle procedure richieste da Expo spa e il general contractor mi ha affidato il compito di coordinare l’operazione: sono “il site manager”, sto in cantiere tutto il giorno. Mi sono praticamente trasferito da Roma a Milano.

In questo cantiere la sfida si gioca sull’efficienza e sui tempi, ci racconta la sua esperienza?
Bisogna essere velocissimi coordinando i movimenti dei tanti materiali necessari per la costruzione. Una parte dell’edificio è praticamente ultimata, l’altra è all’inizio. La gestione del processo è impegnativa: si devono conoscere alla perfezione il progetto e le fasi di cantiere.

Ha coinvolto il suo studio?
No, come studio ho fatto un passo indietro e sono sto lavorando come professionista. Abbiamo ricevuto dal Giappone un progetto che non era immediatamente cantierabile e con l’impresa abbiamo lavorato anche sulla parte progettuale con grande soddisfazione.

Che fermento c’è nel cantiere di Expo? Ha visto opportunità reali per i professionisti?
Potenzialmente c’erano tante occasioni per i professionisti. Stando tutti i giorni in cantiere mi è capitato che altri Paesi mi chiedessero di collaborare per attività di management: altri avevano bisogno di una mano. Il cantiere è stato un catalizzatore. Per assurdo tramite il network mi hanno proposto possibilità incredibili ma con tempi così stretti bisognava essere strutturati diversamente.

Le caratteristiche più interessanti dell'architettura del padiglione giapponese?
Le facciate del padiglione sono caratterizzate dalla presenza di grandi pareti in legno di larice formate da travetti di diversa lunghezza e di sezione cm 12×12 che si intrecciano a formare una griglia tridimensionale a maglia esagonale. Le pareti hanno tutte spessore di 1 metro e altezza variabile da 4 a 12 metri per un totale di 19.000 travetti utilizzati.

La realizzazione prevede quasi esclusivamente elementi strutturali ad incastro e solo le parti più sollecitate sono rinforzate da viti fissate in opera. Il legno, proveniente dal Giappone, è stato tagliato e fresato con macchine a controllo numerico in Italia e montato da maestranze italiane.

Altro elemento forte del progetto sono le due rampe di accesso in cemento armato con parapetti in vetro serigrafato con un disegno che ripropone il tema della parete grigliata in legno. Le rampe si snodano lungo una spazio di 60 metri per 12 attraverso il quale, seguendo un percorso articolato, il visitatore viene introdotto lentamente ai temi del padiglione fino a raggiungere uno spazio aperto dedicato agli eventi e alla ristorazione posto al primo piano.

E il messaggio che vuole comunicare il padiglione giapponese qual è?
Le parole chiave attorno alle quali si snoda l’intervento giapponese sono essenzialmente due: Salute e Edutainment, ossia educare divertendo. I piatti tipici a base di riso, pesce crudo e verdure sono proposti come modello alimentare bilanciato, in antitesi agli eccessi che provocano l’obesità per un miliardo di persone, mentre attraverso dei progetti per le scuole sono veicolati i concetti tradizionali volti alla condivisione e al non sprecare.

Il governo lavora dal 2005 per educare le famiglie alla consapevolezza alimentare e si sta impegnando per far riconoscere dall’Unesco la propria dieta come patrimonio dell’umanità. A questi temi si uniscono quello dell’armonia (ambientale ed estetica) e della tecnologia, da declinare sul fronte della conservazione degli alimenti da un lato, e su quello del sistema di trasporto e di distribuzione del cibo dall’altro.

Per rappresentare la fusione tra tradizione e modernità, rispetto dell’ambiente e perfezione estetica, si è scelto di proporre un Padiglione, che si sviluppa su uno spazio espositivo di 4.170 metri quadri, con un’ampia entrata e uno sviluppo in lunghezza, come una delle case tradizionali di Kyoto. Oltre a materiali naturali come bambù e legno, non mancano tecnologie informatiche e sistemi per il risparmio energetico. Eventi e installazioni richiamano i cinque sensi, affinché il visitatore possa esperire appieno la cultura alimentare giapponese.

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Paola Pierotti
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