Renzo Piano: “L’architettura è un’arte ed è un servizio. No alla gabbia dorata dello stile”
L’architetto genovese in mostra a Padova (con la Fondazione Cappochin)
"Il Mediterraneo non è un mare ma una zuppa di culture"
Renzo Piano è un globe-trotter e viaggiare è il consiglio prioritario che Piano dà ai giovani. Renzo Piano, classe 1937, è tra i più noti architetti contemporanei al mondo avendo costruito dal Giappone agli Stati Uniti, da Parigi alla Nuova Caledonia. Renzo Piano è senatore a vita e a lui Matteo Renzi ha chiesto consigli su come gestire uno dei capitoli prioritari del suo programma, quello delle scuole. Renzo Piano non era presente il giorno dell'insediamento del neo-presidente del consiglio ma Renzi lo ha citato nel suo discorso con un riferimento diretto all'iniziativa lanciata dall'architetto genovese a sostegno delle periferie: #rammendareleperiferie
"Ogni giorno per tutta la vita, tornando in Italia, mi sono sentito come tornare a casa. In Italia senti il respiro di un paese che ha profondità. Io stesso sono sconvolto di aver fatto così tante cose nella mia vita" Renzo Piano ha iniziato così la sua lectio magistralis a Padova il 15 marzo. Al Palazzo del Bo Piano ha ripercorso le tappe della sua vita professionale e ha illustrato la sua mostra (che resterà aperta fino al 15 luglio)
L’intelligenza leggera della città. Cominciare dal fare: spazi senza forme, strutture senza peso. Architetture per la musica e per il silenzio. Luoghi di cultura, spazi per l’arte di incontra. Sono i quattro percorsi attraverso i quali si snoda la mostra “Pezzo per Pezzo”.
Piano ha parlato di architettura come "arte pubblica che sconfina verso la poesia e che deve saper mostrare la fatica dei ripensamenti nel corso dei lavori". Piano ha descritto la sua mostra come "una biblioteca del costruire, una città nella città, con 32 tavoli come si fosse all'Università"
Renzo Piano ogni volta ricorda le sue origini: la famiglia di costruttori. "Per tradizione il figlio del costruttore avrebbe dovuto fare il costruttore ma io ho voluto scommettere sul 'fare leggero', mi sono voluto battere contro la gravità. Ero affascinato dalla luce dall'alto, ho implementato la mia esperienza con la qualità di un militante. Ho unito l'ansia del sociale con l'ansia del bello".
Per l'architetto genovese "la curiosità è l'inizio di un approccio culturalmente interessante". Ma poi alla ricerca va unita la concretezza: "la fermezza con cui si deve perseguire il proprio lavoro – dice Piano – è fondamentale".
Piano non è un archistar né un accademico: "nel nostro lavoro la coerenza è fondamentale ma lo stile è una gabbia dorata, l'inizio di un approccio accademico, bisogna stare attenti. Questo è il metodo del nostro studio RPBW".
Obiettivo della mostra – che si tiene nell’ambito della sesta edizione della Biennale internazionale di Architettura Barbara Cappochin – è quello di diffondere la conoscenza dell’architettura attraverso una selezione di progetti del Renzo Piano Building Workshop: ogni edificio racconta una storia, un luogo, con schizzi e disegni, fotografie, modelli, brevi testi e video provenienti dagli archivi del RPBW e della Fondazione Renzo Piano.
Dal “Porto antico Antico di Genova” al Quartiere “Le Albere” di Trento; dalla “Fondazione Pathé” di Parigi al “Kansai International Airoport” di Osaka; dalla “Chiesa di Padre Pio” a San Giovanni Rotondo, all’ “Auditorium del Parco” a L’Aquila. Ed ancora, dal “Centre Georges Pompidou” a Parigi, alla “California Academy of Sciences”, di San Francisco, la mostra intende trasmettere il complesso processo attraverso il quali gli edifici sono ideati, costruiti e poi abitati dalle persone.
Nel racconto di Renzo Piano non mancano i riferimenti alle fatiche: "in Giappone in 38 mesi di cantiere ci siamo dovuti confrontare con 36 terremoti, lavoravano 5000 persone per la realizzazione dell'aeroporto e non abbiamo avuto incidenti mortali. A Berlino in cantiere abbiamo fatto i conti con le bombe". Un lavoro che è prima di tutto un'avventura. "A Berlino – aggiunge – abbiamo dovuto costruire tutte le fondazioni sott'acqua, avevamo dei palombari in cantiere. C'è tanta poesia ma serve anche pragmatismo".
“Renzo Piano Building workshop – Pezzo per Pezzo” vuole esprimere il concetto di una architettura intesa come servizio, come arte che produce cose che servono e che quindi ha come tema di fondo la città ed oggi anche quello dei grandi vuoti urbani generati dai processi di deindustrializzazione che vanno recuperati; ha un rapporto quasi privilegiato con la musica perché è arte di cercare l’emozione nello spazio e con essa si possono costruire luoghi per la musica, per il silenzio e la meditazione; lo ha con l’arte e con la cultura perché realizzando musei, centri culturali biblioteche, trasforma la città in luoghi di confronto, di scambio e di crescita. Gusto di costruire, passione, divertimento di mettere insieme piccole e grandi strutture caratterizzano, in questo processo, il lavoro dell’architetto, costruttore ed inventore che corrisponde alla figura mitica dell’ “Homo faber”.
Piano ha ricordato l'amico Claudio Abbado citando una sua frase: "l'architettura deve accendere una luce particolare negli occhi della gente" e ha concluso la sua lezione con un riferimento al Mediterraneo: "nella mostra scoprirete un po' di Mediterraneo, che non è un mare ma una zuppa di culture" .
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