
L’arte non guarirà il mondo, “meno fantasie di onnipotenza e dialogo con il pubblico”
Nel mondo della Cultura serve spirito imprenditoriale
"L'eccesso di offerta culturale è un errore perché si fonda sul presupposto sbagliato che ogni prodotto possa generare da sé il proprio pubblico; la massiccia avanzata di consulenti e manager della cultura non produce innovazione, ma solo conformismo dal sapore burocratico"
Il libro “Kulturinfatkt” è stato un caso senza precedenti in Germania: prospetta un imminente “infarto della cultura” e attacca la cultura istituzionale, le sovvenzioni alla cultura, le mancate politiche culturali. Gli autori del libro “Kulturinfatkt, Azzerare i fondi pubblici per far rinascere la cultura” (pubblicato da Marsilio, i Grilli, 2012) fanno una proposta shock: tagli consistenti alle istituzioni culturali per una redistribuzione delle risorse.
Per gli autori “l’eccesso di offerta è un errore perché si fonda sul presupposto sbagliato che ogni prodotto possa generare da sé il proprio pubblico; la massiccia avanzata di consulenti e manager della cultura non produce innovazione, ma solo conformismo dal sapore burocratico; troppi sono oggi i compiti affidati alla cultura che perde di vista la sua ragion d’essere e il confronto con il pubblico”.
Quello dei quattro autori, rappresentanti del sistema culturale tedesco (Armin Klein è un docente di management culturale alla Pädagogische Hochschule Ludwisburg, Stephan Opitz è fotografo, Dieter Haselbach co-Director of Zentrum für Kulturforschung GmbH e Pius Knüsel è Direttore della Fondazione Pro Helvetia) è un manifesto. “Serve più spirito imprenditoriale, maggior confronto con le esigenze del pubblico, meno fantasie di onnipotenza. E la presa di coscienza che l’arte non guarirà il mondo. Altrimenti, paradossalmente, forse non ci sarebbe più alcun bisogno dell’arte”.
Un libro che invita a riflettere su una di quelle crepe che inevitabilmente diventano enormi negli anni della spending review: le sovvenzioni pubbliche alla cultura, quelle risorse che servono per mantenere in vita teatri, musei, festival, rassegne, convegni, fondazioni e associazioni.

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