16-06-2022 Paola Pierotti | Claudia Rubino 3 minuti

Zucchi: basta con l’ossessione dell’originalità

Lentezza dell’architettura e ritardi dei feedback, il tempo come variabile

Spesso gli architetti sono visti come persone che devono trasformare in spazio fisico una serie di desideri e vincoli che altri emettono in maniera univoca. Ma nella complessità dei rapporti, in una logica “input” + “architettura” + “output”, il ruolo dell’architetto-artigiano sembra perdersi in una domanda frammentata, veloce e mutevole. E la risposta o è quella dell’architetto-artista che ha l’ispirazione al momento, come è stato ad esempio per un Carlo Mollino, oppure c’è l’architetto-tecnico che ha come input la funzione.

E nella costruzione dell’offerta e della migliore soluzione possibile oggi bisogna fare i conti anche con la digitalizzazione (con un Bim da governare), con la transizione ecologica (tra kpi e certificazioni sempre in aggiornamento) e con il management (a cui è affidato il ruolo di coordinamento delle discipline e delle specializzazioni).


Oggi l'architetto per fare il suo lavoro deve districarsi tra digitalizzaizone, transizione ecologica, management e vincoli burocratici.


Cino Zucchi, ospite del festival dell’architettura di Roma esemplifica: «Per esempio il soprintendente dice di non toccare il muro, il vigile del fuoco ha il suo elenco di elementi da verificare: diventa un cubo di rubik dove non si sa più chi c’è dietro le richieste». Zucchi aggiunge «il venerdì pomeriggio il project manager manda una mail per chiedere nuovi output per il lunedì mattina, ma non si sa se sia il cliente a chiederlo o il loop». Il tempo e i ritardi come variabile, come caratteristica da riscontrare nell’architettura e nell’urbanistica (anche contemporanea).

Per l’architetto milanese «l’architettura non può dare risposte in tempo reale, è necessario distanziarsi». «Oggi il processo dell’architettura prevede un input ampio ­– racconta Zucchi alla platea degli architetti romani – ma un output che prima di definirsi, torna indietro attraverso il feedback. E anche nel feedback è importante considerare il fattore tempo. Il sistema feedback è un sistema ad anello chiuso che ha come caratteristica il ritardo, che è di fatto un tempo di retroazione».

Da Bolzano a Helsinki, dalla vision per gli scali milanesi ai progetti nell’ambito di Reinventing Cities, alla nuova sede Lavazza di Torino. Lunga la carrellata di progetti che raccontano l’identikit di un maestro dell’architettura italiana contemporanea «che considera la durabilità come chiave della sostenibilità», e che, citando il lavoro alla Junghans a Venezia (con le tipiche finestre proposte in altri progetti dello studio) dice che «possiamo vivere con una cultura non ossessionata dall’originalità e porci il problema della particolarità, che non deve essere per forza il diverso, l’eccezionale, ma sarebbe opportuno tornare a capire che un progetto trova se stesso e vive anche di ripetizioni».

In copertina: ex Junghans @ Cino Zucchi.

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Paola Pierotti
Claudia Rubino
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