Rinascimento a Roma: investitori-partner e governance pubblica

15-12-2022 Paola Pierotti | Valentina Iozzi 5 minuti

Urbanistica che persegua l’interesse collettivo, Pa che sblocchi la burocrazia

Investire in Roma. Il nuovo rinascimento della Capitale. Questo il titolo dell’iniziativa promossa il 14 dicembre dal Sole 24 Ore, in contemporanea con l’appuntamento promosso da Scenari Immobiliari con un focus sulle periferie milanesi e le ricadute sull’hinterland regionale, e con la presentazione in anteprima delle classifiche sulle società di progettazione. Fermento di fine anno per fare il punto sulle opportunità, le sfide, un bilancio per tracciare i prossimi scenari.

E quindi, perché il mercato romano può diventare una grande opportunità e una nuova fonte di revenue per gli investitori internazionali? Questa la domanda sottotraccia dell’appuntamento aperto dal direttore del quotidiano economico Fabio Tamburini che ha giustificato la scelta del termine “rinascimento” con riferimento alla “vivacità interessante” che oggettivamente si respira.

Roma è un cantiere di idee. «Servirà rendere coerenti le singole iniziative progettuali con programmi di più ampio respiro». Lato amministrazione, interviene nel dibattito Monica Lucarelli, assessora alle politiche della sicurezza, attività produttive e pari opportunità del Comune di Roma, commentando i dati del settore immobiliare «che parlano di una leggera crescita dopo anni di stasi. Questa crescita, sebbene piccola, fa ben sperare soprattutto per il settore alberghiero, lungamente colpito dalla crisi, ambito che tra l’altro può garantire anche nuovi posti di lavoro».

Da parte della giunta l’impegno a “snellire le procedure amministrative” anche per far fronte alle responsabilità legate ai grandi eventi prossimi in generale però, il commento della Lucarelli: «va considerato che Roma non è Milano. Milano è grande come due municipi di Roma che oggi ne conta 15». L’estensione della città richiede un approccio diverso e tutto questo deve essere accompagnato dagli investimenti pubblici. Si citano infrastrutture e mobilità su ferro, tramvie e metro in primis, ma anche l’investimento sul nuovo termovalorizzatore.

Sul partenariato tra pubblico e privato, si gioca la partita. Ma la buona reputazione e la credibilità tra gli investitori deve ancora rafforzarsi. Simone Roberti, responsabile della ricerca per Colliers Italia cita alcuni dati: “se si analizza il volume delle compravendite complessive in Italia, Roma vale il 15%. Con un dato interessante per gli uffici che attivano il 53% degli investitori, maggiormente stranieri. Raccontare la città di Roma agli investitori stranieri – dice Roberti – è sempre cruciale e difficile e nella capitale purtroppo si registra una scarsità di prodotto nuovo. In generale l’interesse si sta spostando anche oltre il centro storico per il direzionale, mantenendo nel cuore culturale e turistico prodotti e servizi per l’hospitality”. Approccio che non nasconde conseguenze sociali dirette.

Stefano Boeri coinvolto su Roma dal sindaco Gualtieri prima dell’estate è intervenuto nel dibattito, sottolineando l’urgenza di interventi sulla mobilità pubblica e privata. L’architetto milanese ha ricordato anche la recente firma di un manifesto, insieme a Lord Norman Foster e con gli Ordini degli Architetti (San Marino, Pesaro, Rimini), la cosiddetta Dichiarazione di San Marino, che sancisce l’impegno a rafforzare il ruolo di architetti, ingegneri, geometri, urbanisti e designer nel progettare abitazioni, infrastrutture urbane e città sostenibili, sicure, salubri, socialmente inclusive e carbon-neutral. Principi per una progettazione urbana e un’architettura sostenibile e inclusiva, una carta della sostenibilità completa per la progettazione di tutti gli edifici e gli sviluppi urbani. Una campagna di informazione tesa anche a ridare valore alla figura dell’urbanista che, dice Boeri, «sa orientare le risorse private seguendo l’interesse collettivo. La riqualificazione – spiega – può nascere da iniziative private, dal basso, da semplici residenti oppure da grandi investimenti. Rigenerare non significa estendere la città, ma riusare, spingere per la sostituzione edilizia. Esistono oggi circa 4 milioni di edifici che dovrebbero essere sostituiti, fabbricati – commenta l’architetto milanese – realizzati in situazioni difficili, di rischio idrogeologico, edifici degli anni ‘50 con materiali inadatti e completamente desueti. Bisognerebbe demolire e ricostruire, senza ripagare gli oneri di urbanizzazione».

Boeri cita come modelli di riferimento Parigi per l’accessibilità pedonale, Londra e Utrecht per i sistemi di connessione. Con un alert, “bisogna costruire città accessibili senza prezzi proibitivi. Milano rischia di diventare – scherza l’architetto – una città per anziani agiati. Prospettiva pericolosissima. Milano come d’altronde Roma deve cercare di offrire nuovi spazi di vita soprattutto per i giovani che dopo l’università scappano, facendoci perdere una sfida importante”.

Se l’hotellerie rappresenta un asset appetibile, gli operatori già scesi in campo tracciano un quadro della situazione: “gli investitori stranieri quando arrivano a Roma, trovano molta concorrenza anche per i tanti piccoli hotel a conduzione famigliare, ma soprattutto una burocrazia complicata e lunga”. Il commento è di Theo Bortoluzzi, business development manager Europa Kerten Hospitality che racconta la scelta del gruppo di aver optato per l’Italia, dopo una lunga esperienza in Medio Oriente, e per Roma nello specifico.

Restando sull’hospitality, bene gli hotel, senza trascurare l’opportunità degli studentati. E sull’argomento interviene Marco Di Terlizzi, Student Housing Director CBRE che racconta che «a Roma, come d’altronde nel resto d’Italia, c’è un divario importante tra domanda e offerta. Contando tutte gli studenti che studiano nella capitale, tra università pubbliche e private, si stimano 100mila utenti potenziali; ma oggi l’offerta – dice – garantisce solo 10mila posti letto. Ecco perché Roma rimane una città ambita per questo mercato».

Hotel, uffici e non solo: su quali asset class puntano allora gli investitori? E quali sono le criticità su cui lavorare? Secondo Clemente Di Paola, fondatore e ceo di Atlantica Real Estate gli investitori guardano a Roma da almeno 30 anni. “Negli anni scorsi in Germania si affittava e in Italia si comprava, oggi si affitta anche in Italia e non si compra più. Bisogna studiare sempre nuove opportunità, al passo con la domanda”. E guardare ad altri settori. “Molte catene di ospedali privati – racconta – sono interessate alla capitale. Anche l’università Cattolica di Milano è interessata a Roma (la Bocconi ha aperto una sua sede nella Capitale da qualche mese, ndr) e il mondo ecclesiastico ha tantissimi complessi edilizi inutilizzati, da valorizzare”. Il problema allora qual è? Si chiede capacità di programmazione pubblica e negoziazione. Barbara Polito, head of asset management Gwm Group, interviene nel dialogo sulle criticità riscontrate. “La nostra società ha investito più di un miliardo su Roma. Constatiamo che i lavoratori vivono poco all’interno dello spazio urbano che non è stato arricchito di spazi tipici di convivialità, come si vedono in altre città. Serve essere più flessibili nelle destinazioni d’uso”. Altro tema: “una variante di progetto si protrae per 3 anni – dice – altri 3 se ne impiegano per chiudere il progetto e dopo questi anni molto probabilmente l’utenza e la domanda sono cambiate”. Ancora una volta la richiesta è di un’interlocuzione puntuale, costante, veloce e qualificata. La sfida? Guardare agli investitori come a dei partner con cui collaborare e crescere.

In copertina: ph. © Claudio Hirschberger via Unsplash

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